La chiamano fake meat ed è la nuova rivoluzione nel settore gastronomico, avviata dall’introduzione e dalla diffusione dei sostituti vegetali della carne.
Un fenomeno guidato da aziende innovative come Beyond Meat e Impossible Foods, che hanno catturato l’attenzione globale con i loro prodotti, capaci di offrire una valida alternativa alla carne tradizionale, rispondendo alla crescente domanda di opzioni alimentari più sostenibili e rispettose dell’ambiente.
La climate diet
La fake meat rappresenta una soluzione innovativa e sostenibile per affrontare le sfide ambientali e alimentari del nostro tempo ed è destinata a diventare una componente fondamentale delle nostre diete future ovvero delle “climate diet”. Con questa espressione ci si riferisce a un’alimentazione che predilige prodotti a minor impatto sull’ambiente.
L’impatto ecologico
La molla che ha fatto scattare l’ingresso di questi nuovi prodotti sul mercato è partita dalla riflessione globale sull’impatto ecologico che la produzione di carne tradizionale ha su tutto il pianeta. Gli allevamenti sono una delle principali fonti di gas serra a livello globale, oltre a richiedere ingenti quantità di acqua e terreno. I sostituti vegetali della carne rappresentano un’alternativa più sostenibile, riducendo le emissioni di gas serra fino al 90%, oltre al fatto che, impiegando meno terreno (si stima una riduzione del 75%) e meno acqua, si arresta la deforestazione su larga scala spesso associata alla coltivazione di foraggio per il bestiame.
Carne vegetale, tra accettazione e resistenze
La sempre più crescente domanda di proteine alternative sta portando a far crescere il numero delle aziende che producono “carne vegetale”, investendo sulla ricerca, su nuovi ingredienti e metodi di produzione, tra cui proteine da microalghe e colture cellulari, per migliorare ulteriormente il profilo nutrizionale e gustativo.
Anche le famosissime catene di fast food come Burger King e McDonald’s stanno offrendo versioni vegetali dei loro panini, segno di una crescente accettazione di questi prodotti.
In alcuni Paesi, come l’Italia, dove il cibo di qualità è una istituzione e dove è radicata una cultura alimentare di un certo livello, vi è una certa resistenza verso questi prodotti, per paura che possano snaturare le tradizioni gastronomiche basate sul consumo di carne.
Eppure non si può non riflettere sui risvolti, anche economici oltre che etici e ambientalistici, che la fake meat porterà con sé. A scegliere questo tipo di prodotti non è solo la fetta vegana e vegetariana ma quella del cosiddetto consumatore flexitarian ovvero colui che tiene particolarmente alla propria salute e che quindi mangia carne e derivati solo di rado.
La produzione della Fake Meat
Per creare prodotti che imitano il sapore, la consistenza e l‘aspetto della carne, le aziende impiegano proteine isolate da piselli, riso e fagioli mung, che replicano la struttura fibrosa della carne. Si ottiene la giusta succosità, utilizzando olio di cocco e burro di cacao, mentre le fibre di patate e amidi assicurano la tenuta durante la cottura.
L’utilizzo della leghemoglobina di soia, una proteina derivata dalla soia fermentata con lieviti geneticamente modificati, imita l’emoglobina, conferendo alla “carne” un colore rosso e un sapore “ferroso” tipico. Gli ingredienti principali includono proteine di soia, oli vegetali e vari leganti, che insieme creano una consistenza e un gusto molto simili a quelli della carne animale.
Profilo nutrizionale e gustativo
Dal punto di vista nutrizionale, i prodotti di fake meat offrono quantità di proteine simili a quelle della carne animale, con circa 20 grammi per porzione. Tuttavia, la qualità delle proteine vegetali può variare rispetto a quelle animali. I grassi presenti nei sostituti vegetali provengono da oli come cocco e colza, considerati più salutari rispetto ai grassi saturi di origine animale. Inoltre, molti consumatori trovano che il sapore dei prodotti di queste aziende sia sorprendentemente simile a quello della carne, grazie all’uso di aromi naturali, spezie e leghemoglobina. La fake meat, poi, non presenta colesterolo e non mostra tracce di glutine.
Le celebrità rappresentano testimonial di spicco per la Fake Meat. Sempre più star adottano e promuovono questo stile alimentare, con nomi illustri come Katy Perry, Kim Kardashian, Zac Efron, Sia, Benedict Cumberbatch, Madonna, Jessica Chastain, Jared Leto, Ariana Grande, Jennifer Lopez, Jessica Simpson e molti altri icone di Hollywood e dintorni.
La “clean meat”
Accanto al concetto di fake meat, esiste quello di Clean Meat, una carne prodotta in laboratorio, che rappresenta un concetto diverso rispetto ai sostituti vegetali della carne. Questa carne è creata in vitro partendo da cellule staminali prelevate da animali, il che la distingue dai prodotti a base vegetale. Nonostante sia carne vera e propria, non comporta la macellazione degli animali. Il primo hamburger di questo tipo fu presentato nel 2013 a Londra dal professor Mark Post, Chief Scientific Officer dell’azienda Mosa Meat, frutto di anni di ricerca presso l’Università di Maastricht e con un costo di produzione di 250.000 euro.
La clean meat ha l’obiettivo di sostituire la produzione tradizionale di carne, che attualmente richiede l’allevamento di oltre 70 miliardi di animali all’anno, con un enorme consumo di risorse naturali e una significativa emissione di gas serra. Alcune stime indicano che l’industria del bestiame contribuisca fino al 51% delle emissioni di gas serra derivanti dalle attività umane.
È importante sottolineare che la carne coltivata in laboratorio non è né un prodotto vegetale né adatto ai vegani, i quali, avendo fatto una scelta etica, non cercano proteine animali. I prodotti plant-based sono già in grado di soddisfare pienamente le esigenze nutrizionali e di gusto. Tuttavia, la clean meat potrebbe rappresentare un’opzione per i consumatori di carne, offrendo una via verso la riduzione dello sfruttamento animale e un’alternativa più sostenibile. Tuttavia, al momento, la carne in vitro è ancora lontana dal raggiungere una produzione su larga scala e dal diventare un’opzione accessibile, a causa di problemi di scalabilità e costi elevati. Nel frattempo, le proteine vegetali stanno guadagnando sempre più popolarità e si prevede che continueranno a crescere nel prossimo futuro.