Quando l’estate volge al termine e arriva l’autunno, uno degli appuntamenti che non manca mai è quello con il frutto dalla “pelle” color ambra-arancio, il cachi. Un frutto che per le sue caratteristiche merita un posto d’onore nell’agricoltura del futuro e nella gastronomia. Un frutto che, come il melograno, purtroppo è ancora troppo poco presente sulle nostre tavole. Un ponte culturale tra Asia e Italia.
Il nome più diffuso in italiano è cachi, un adattamento dell’originale giapponese (柿, kaki), a sua volta derivato dalla nomenclatura scientifica. Scorretto invece dire “caco”, perché la parola “cachi” è invariabile e per tanto non cambia al singolare. Le sue proprietà nutritive lo rendono un ottimo alimento, con promettenti proprietà nutraceutiche che sono attualmente in fase di studio. Certo è zuccherino come un frutto estivo, ma contiene anche molta acqua (80%), vitamina C e vitamine del gruppo B. Da evidenziare la presenza di molecole bioattive antiossidanti quali ad esempio antocianidina, catechina, flavonoidi.
In questo articolo vi accompagniamo in un viaggio curioso alla scoperta di questo frutto prelibato: dalla sua origine millenaria, alle diverse tipologie che si incontrano oggi sul mercato, fino agli usi più creativi.
Un’antica storia d’Oriente
Il cachi è più propriamente un frutto a bacca dell’albero omonimo, botanicamente il Diospyros kaki, appartenente alla famiglia delle Ebenacee. Questo albero dalle molte qualità viene descritto per la prima volta in occidente nel 1780, in un trattato scientifico svedese. Il nome deriva dal greco e vuol dire letteralmente “grano di Zeus”. È originario della Cina centro-meridionale, dove era già coltivato oltre duemila anni fa ed era conosciuto come albero delle sette virtù per la sua ombra, la longevità, la resistenza ai parassiti, la buona tolleranza a climi caldi e la sua adattabilità per terreni e innesti. Oggi la Cina è ancora il primo produttore mondiale.

Da lì poi si diffuse in Giappone e Corea, dove si iniziarono a sperimentare i primi innesti. In America e in Europa invece è arrivato molto dopo. In Italia, ad esempio, fu introdotto verso la fine del XIX secolo (circa 1880) grazie a importazioni e sperimentazioni agrarie. Fu introdotto come pianta ornamentale nel Giardino di Boboli, ma i primi impianti furono nell’Agro Nocerino, nel salernitano, poi in Sicilia ed Emilia Romagna, dove c’erano terreni e microclimi favorevoli. Si racconta che Giuseppe Verdi ne fosse ghiotto.
L’albero del cachi viene chiamato anche albero della pace, perché alcuni esemplari sono miracolosamente sopravvissuti al bombardamento nucleare di Nagasaki. La loro storia ha ispirato un progetto eco-pedagogico internazionale, il Kaki Tree Project, che promuove valori di pace. Esiste anche un libro, C’è un albero in Giappone (Sonda edizioni, Milano 2023), scritto da Chiara Bazzoli e illustrato da AntonGionata Ferrari, dove a parlare è direttamente l’albero sopravvissuto, che con la sua chioma si affaccia sulla baia della città rasa al suolo nel 1945.
Perché questa storia conta per il nostro settore
- Valorizzazione territoriale: sapere che il cachi ha una storia anche in alcune zone d’Italia (Sicilia, Campania, Emilia-Romagna) aiuta a comunicare la sua identità gastronomica.
- Curiosità per il consumatore / studente: chi studia gastronomia ama sapere non solo come usare un ingrediente, ma anche da dove viene.
- Seasonality e marketing: il cachi è un frutto d’autunno/inverno, dunque ideale per posizionare contenuti e menu stagionali.

Tipologie e caratteristiche distintive
L’albero di cachi si presta molto bene ad essere innestato ed è quindi capace di variare anche di molto le sue caratteristiche di base, ad esempio la tolleranza al freddo. Inoltre, nel corso del tempo sono state selezionate e preservate diverse cultivar e questo fa si che oggi ci siano diverse varietà di frutti in giro: ciò che cambia maggiormente è la consistenza al consumo e la presenza o meno di astringenza. Comprendere questa distinzione è fondamentale per chi lavora in cucina.
I due grandi macro-gruppi
- Varietà astringenti: contengono tannini solubili che rendono il frutto poco gradevole se consumato «duro». Devono essere lasciate maturare bene (o addirittura sovramaturate) per diventare dolci e morbide.
- Varietà non astringenti: possono essere consumate anche da sode o leggermente morbide, senza che rimanga quella sensazione “legnosa” o “raschiante” in bocca.
Alcune varietà celebri
Ecco alcuni esempi che vale la pena conoscere:
- Fuyu: frutto piatto-tondeggiante, di colore arancio intenso, non astringente: può essere mangiato anche leggermente sodo, come una mela.
- Hachiya: forma più conica o a-cono-rovesciato, variante astringente: va lasciato che diventi molto morbido, altrimenti la tannicità risulta sgradevole.
- Altre varietà degne di nota: Tanenashi, Rojo Brillante (diffusa anche in Spagna), Cioccolatino (in Italia) e via dicendo.
Il cachi in Italia
Nel Bel Paese coltiviamo cachi da 150 anni, ma rimane ancora un frutto di nicchia. Potrebbe invece diventare un frutto su cui investire maggiormente in futuro, con le sfide che il riscaldamento climatico presenterà alla nostra agricoltura. Le varietà più diffuse sono:
- il Kaki Tipo o Loto di Romagna: varietà rustica astringente molto diffusa, che diventa particolarmente gelatinoso e liquescente a maturazione completa
- i Kaki di Misilmeri (Sicilia): riconosciuti come prodotti agroalimentari nazionali (PAT), vengono raccolti immaturi ad ottobre e lasciati in “ammezzimento” fino a completa maturazione, quando diventano morbidi e molto dolci, con note di vaniglia
- il Cioccolatino: non astringente alla raccolta, dalla caratteristica polpa ambrata con venature che ricorda il cacao e un sapore dolce e intenso
- il Kaki Ragno: varietà rustica e molto dolce, riconoscibile per le striature concentriche sulla parte bassa del frutto che ricordano le ragnatele, molto usato nelle marmellate
- il Kaki Vaniglia (Campania): altra varietà antica, con una polpa più soda rispetto al Loto e un colore più scuro, con sapore dolce e intenso.
Altre varietà che potete trovare facilmente da noi sono quelle giapponesi non astringenti, come Kaki Fuju e Kaki Jiro, comunemente chiamati cachi mela.

Per il professionista della gastronomia
Quando scegliete un kaki per una preparazione, tenete a mente:
- Se è non astringente → potete usarlo anche sodo, tagliato a fette, in insalate o crudité.
- Se è astringente → attendete che la polpa sia morbida, quasi gelatinosa: perfetto per purè, mousse, dessert.
- La forma e la varietà influenzano anche la resa e l’abbinamento: un kaki Hachiya ben maturo assumerà un gusto intenso, quasi miele-caramello, mentre un Fuyu più sodo resterà fresco e croccante.
Usi gastronomici e abbinamenti
Passiamo a quella parte che sicuramente interessa chi studia gastronomia o lavora in cucina: come usare il cachi. Dal consumo fresco alle preparazioni più audaci, ecco alcune idee.
Consumo fresco
- Per una varietà non astringente come Fuyu: lavato, magari senza buccia se lo gradite, tagliato a fette, potreste proporlo come “frutto di metà mattina” o in un buffet autunnale.
- Per una varietà astringente come Hachiya: attendete che la polpa sia morbida al punto da poterla mangiare con un cucchiaino, come una sorta di dessert naturale.
In insalate, piatti salati, abbinamenti creativi
- Il cachi, grazie al suo colore acceso e alla consistenza che può variare, è perfetto per insalate d’autunno: ad esempio, fette sottili di Fuyu su un letto di scarola o radicchio, con scaglie di pecorino e noci.
- In abbinamento con salumi o formaggi: ad esempio cachi + bresaola o cachi + brie, l’idea di dolce/umami/salato funziona molto bene. Una ricetta: “Kaki e bresaola bites” (citata in contesti anglofoni)
- In cucina creativa: come componente di salse per carne bianca o anatra, dove il dolce-arancio può contrastare con acidità (es. aceto) e pepe o spezie autunnali (noce moscata, chiodo di garofano).
Preparazioni dolci e conservazioni
- Il cachi astringente ben maturo è eccellente per dolci: purea, torte, mousse, pudding. Ad esempio, il frutto “come una budino” quando la polpa è molto morbida.
- Conservazione e essiccazione: nelle tradizioni orientali, i kaki venivano essiccati ad esempio — hoshigaki in Giappone — ottenendo una consistenza gommosa e uno strato zuccherino in superficie.
- Una riflessione per chef e formatori: l’essiccazione del cachi può essere un tema di laboratorio in un corso di gastronomia. Non solo la “frutta secca”, ma una frutta semi-processata che diventa ingrediente (snack, crumble, topping per gelato).
Conservazione e scelta in cucina
- Quando acquistate cachi, scegliete frutti senza ammaccature, con buccia liscia e colore arancio acceso se è varietà da consumare subito.
- Le varietà astringenti: prestate attenzione alla maturazione, la polpa deve quasi “cedere” alla leggera pressione. Se troppo dura = tannini presenti in quantità eccessive.
- Conservazione: può essere riposto in luogo fresco e ventilato se deve maturare, o in frigorifero una volta maturo. In Italia la produzione è stagionale (autunno/inverno) – utile per pianificare menu stagionali.
- Attenzione: il cachi non ancora maturo, se consumato in grande quantità, può provocare fastidio gastrico (nell’ortografia botanica: formazione di “bezoar” da tannini). Un fatto rarissimo, ma è buona norma saperlo.
Perché includere il cachi nel curriculum gastronomico
Per la nostra scuola di alta formazione (e per chi aspira a entrare nel mondo dell’alta cucina o dell’agroalimentare), il cachi è un trait d’union perfetto tra teoria e pratica:
- Stagionalità e filiera corta: valorizzando un frutto italiano (o coltivato in Italia) che ha forte identità autunnale, i futuri chef o food-manager imparano l’importanza della stagionalità.
- Versatilità in cucina: dal crudo al cotto, dal dolce al salato, dal frutto da tavola al frutto processato (essiccato, pura, topping), ottima materia per laboratori pratici.
- Storytelling alimentare: conoscere l’origine, le varietà, i percorsi di coltivazione e distribuzione dà valore al piatto finale.
- Tendenze alimentari: con l’attenzione a ingredienti meno “banali” e con un pubblico che cerca novità e autenticità, il cachi è un ingrediente che può emergere nei menu e nei contenuti digitali.


