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Le regole per la progettazione di un piatto: quando la cucina diventa emozione

24 Novembre 2022
Contenuti

L’occhio vuole la sua parte: affermazione assolutamente vera e constatabile anche nelle nostre reazioni rispetto ai piatti che ci vengono proposti. Prima di tutto le persone mangiano con gli occhi, quindi la presentazione è importante tanto quanto il sapore: l’impiattamento crea interazione col cibo. La vista viene subito stimolata dai colori, dai volumi, dalla lucentezza e dai chiaroscuri delle pietanze. Solo dopo seguiranno l’olfatto, l’udito e il gusto. Come individuato da Daniel Kahneman nel suo lavoro sulla psicologia edonica, le presentazioni delle portate toccano tutte e tre le componenti chiave del piacere:

  • l’aspettativa
  • l’esperienza
  • la memoria.

Oggi mangiare non è più solo una necessità ma è diventata un’esperienza sensoriale completa, ricca di rimandi all’infanzia, sinonimo di convivialità e piacere.

L’importanza della scelta del piatto crea equilibrio

Studiare i colori, ispirarsi a forme geometriche, disegnare bozzetti: la mise en place dà valore aggiunto ai piatti. Lo studio preliminare del piatto, infatti, contribuisce a valorizzare e a dare continuità alla proposta gastronomica e a ispirare e agevolare la disposizione degli ingredienti.
Dal dialogo tra colori, forme e sapori nasce il piatto, la cui composizione comincia dalla scelta degli elementi e dalla loro disposizione in modo da creare equilibrio. La ricerca di quest’ultimo porta spesso a far ricorso alle forme geometriche proprio perché, per la loro semplicità e le loro proporzioni, trasmettono in modo intuitivo una sensazione di ordine e armonia.
Si pensi al triangolo che genera un’idea di immobilità ed eleganza, oppure al cerchio che trasmette una sensazione di perfezione, o al quadrato che stabilisce un’espressione di stabilità. Ma anche a elementi più semplici, come i punti che catturano immediatamente la nostra vista oppure le linee che, contrariamente al punto, donano dinamicità e, in base al loro orientamento verticale, orizzontale oppure obliquo, possono suscitare sensazioni differenti.

Per quel che riguarda i colori, è consigliato scegliere piatti monocromatici e senza decorazioni pittoriche, affinché i disegni non si mischino al design degli ingredienti creando confusione e disordine. Di solito si predilige l’utilizzo dei piatti di colore bianco, ma talvolta è bene utilizzarne di scuri per mettere in risalto una salsa chiara o una meringa candida, oppure grigi per far risaltare maggiormente i colori caldi come il rosso, il giallo e l’arancione.


L’impiattamento come una vera e propria forma d’arte: le stoviglie cornice

Come dimostra l’arte giapponese Kaiseki, l’impiattamento è qualcosa in più rispetto a mera utilità. Le stoviglie ornamentali costituiscono la cornice del cibo e la disposizione degli alimenti sui piatti è essa stessa una dimensione decorativa. Kaiseki è un’antica cerimonia delicata e sapiente che si vanta d’essere la prima modalità di impiattamento artistico.
Gli chef orientali selezionano con attenzione le stoviglie e gli utensili in modo da garantire la perfetta combinazione del cibo che sta per essere servito con l’obiettivo di creare una connessione con la natura. I cibi vengono guarniti in maniera differente a seconda della stagione e si modificano le proprietà fisiche dei piatti abbassandone la temperatura in estate e aumentandola in inverno.


La storia dell’impiattamento in Occidente

Nella storia occidentale, al contrario, le stoviglie e quindi l’impiattamento in passato hanno avuto un’importanza meramente funzionale. Nel Medioevo, i pasti venivano serviti in vecchie pagnotte scavate ma, per i reali, la presentazione del cibo era importante soprattutto come metodo per distrarre l’attenzione dei commensali dalla mancanza di grande raffinatezza e sapore delle pietanze. Colori come il giallo o il verde erano utilizzati per dimostrare distinzione sociale: le foglie d’oro erano adoperate per decorare le carni servite al re e ai membri della corte. Alcuni cuochi cercavano di far apparire gli animali come ancora in vita, conservando spesso la pelliccia o le piume della bestia per questo scopo.

Con Antonin Carême, celebre chef d’oltralpe, è avvenuto un colossale cambiamento. Carême era uno studente appassionato di architettura e cuoco di figure illustri quali Napoleone Bonaparte e lo zar Alessandro, divenuto famoso per aver presentato le sue creazioni utilizzando concetti architettonici, costruendo i suoi piatti ricalcando anche le forme di monumenti famosi, cascate, piramidi. La prima nuova idea diffusa da Carême nella presentazione del cibo è stata il concetto di originalità legato al piatto che ben si discosta dall’adeguamento a codici preesistenti, come nel caso della cucina Kaiseki. La seconda innovazione, accreditata a Carême, è stata l’idea di valorizzare l’impiattamento del cibo con il fine di elevarne la qualità.
Successivamente, all’inizio del XX secolo, il grande chef francese Fernand Point ha introdotto gli elementi che in seguito sarebbero diventati tratti distintivi della nouvelle cuisine: ingredienti di stagione con un focus sugli aromi naturali e, soprattutto, la semplicità e l’eleganza nel piatto. La nouvelle cuisine ha raggiunto il suo apice grazie a chef del calibro di Alain Ducasse e Pierre Gagnaire, entrambi protagonisti della scena culinaria contemporanea, e sta proseguendo la sua evoluzione con ulteriori artisti-chef che continuano a elevare il minimalismo e la presentazione in cucina ma in una chiave differente: ad esempio attraverso la gastronomia molecolare, una cucina d’avanguardia in cui la creazione di nuovi sapori e l’invenzione di nuovi stili di presentazione vanno di pari passo.

Il tempo dedicato allo studio della progettazione di un piatto è aumentato a tal punto che ad esempio il ristorante “Elbulli” in Spagna è stato famoso perchè rimaneva chiuso ben sei mesi all’anno. Durante questo periodo, infatti, il team creativo del locale frequentava corsi di formazione, imparando a usare nuovi ingredienti e utensili, viaggiando in diversi continenti e cooperando con altre aziende. 


Giocare con le consistenze: cosa s’intende per food texture?

Apparentemente complicato da descrivere ma abbastanza facile da immaginare: cercando di semplificare, la texture è una prova sensoriale che dipende dalla struttura del cibo. Ma quanto è importante questa proprietà? Siamo incredibilmente sensibili alla consistenza e dal punto di vista sensoriale, questa si riferisce a quelle qualità di un alimento che possono essere percepite con le dita, la lingua, il palato o i denti, ma anche con la vista e l’olfatto…
Prendiamo ad esempio una creme brûlée: è una crema pasticcera cotta con una parte superiore di zucchero bruciato. Ora immaginiamola senza lo scricchiolio dello zucchero caramellato… è un piccolo dettaglio che fa una differenza significativa nonostante il sapore.


Il Corso in Arte dell’impiattamento di Italian Food Academy

Dal bilanciamento di forme, colori e sapori alla scelta e progettazione di un piatto, fino alla disposizione degli alimenti, Italian Food Academy organizza un esclusivo Corso in Arte dell’Impiattamento per coloro che hanno già alle spalle un’esperienza minima di due anni in qualità di chef o pastry chef.
Al termine del corso, ogni partecipante riceverà il Certificato HACCP di 3° Livello e un attestato privato di frequenza al Corso.

Il Programma del corso spazia, con momenti di teoria e tanta pratica, tra diversi argomenti:

  • Imprinting gustativo
  • Aspetti psicologici legati alla percezione di un piatto
  • Eating design e l’interazione con il cibo
  • L’impiattamento come esperienza emozionale dell’alimentazione
  • Progettazione di un piatto
  • Le leggi del colore e l’abbinamento cromatico
  • Scelta del piatto e disposizione degli alimenti
  • Forme geometriche, consistenze e volumi
  • Le linee di forza nella composizione
  • Bilanciamento di forme, colori e sapori
  • Cenni tecniche di cucina molecolare
  • Illusione gustativa
  • L’importanza della “firma d’autore”


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L’eccellenza da oggi conviene di più

Grazie al Bonus Chef puoi ottenere un credito fino ad un massimo di 6.000 euro per le spese sostenute nel 2021 e 2022 per la tua formazione professionale.  

Dal 27 febbraio 2023 sarà possibile presentare domanda al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per il Bonus Chef.

CHE COS’É?

Il Bonus Chef 2023 consiste in un credito d’imposta del 40% (fino ad un massimo di 6.000 euro) riconosciuto sulle spese legate al settore della ristorazione a favore dei soggetti esercenti l’attività di cuoco professionista presso alberghi e ristoranti.

PER OTTENERE IL BONUS:

– bisogna aver sostenuto, tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2022, una o più delle spese ritenute ammissibili al beneficio

– si deve essere residenti o stabiliti del territorio dello Stato;

– i soggetti richiedenti devono essere nel pieno godimento dei diritti civili.

LE SPESE AMMISSIBILI:

– Acquisto di beni strumentali durevoli (macchinari di classe energetica elevata per la conservazione, la lavorazione, la trasformazione e la cottura dei prodotti alimentari, strumenti e attrezzature professionali per la ristorazione)

– Partecipazione a corsi di aggiornamento professionale.

COME FUNZIONA IL BONUS CHEF 2023

Il credito del 40% è utilizzabile in compensazione mediante F24, che andrà presentato all’Agenzia delle Entrate. Il credito è esente da IRPEF e IRAP. 

È possibile, inoltre, la cessione del credito con il trasferimento dell’agevolazione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari. 

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