Potrebbe essere la trama perfetta per una commedia degli equivoci ambientata nel mondo trendy della ristorazione. La tavola calda di proprietà di una signora garbata e gentile viene confusa con il ristorante di gran classe guidato da un arcigno chef refrattario ai sentimenti. Stesso nome, stessa via, solo 200 chilometri di distanza e un modo completamente diverso di porsi alla clientela.
Sembra l’opera di uno sceneggiatore un po’ furbetto, eppure è successo davvero: nell’edizione francese della Guida Michelin due ristoranti chiamati Bouche à Oreille (Passaparola) e situati entrambi in una rue de la Chapelle sono stati confusi. Uno ha preso una stella assai sorprendente, e l’altro se l’è vista non riconoscere (con grande disappunto, possiamo immaginare).
E come in ogni bella commedia degli equivoci che si rispetti la situazione iniziale è solo l’avvio di una reazione a catena dagli esiti imprevedibili. Sì perché se è noto che avere una stella Michelin comporta un improvviso aumento del fatturato di almeno il 50%, è altrettanto noto che un ristorante che ambisce ad essere stellato sostiene dei costi di gestione e di materie prime che se non vengono presto compensati da un successo di pubblico possono portare al fallimento nel giro di qualche mese.
La modesta brasserie di Bourges, aperta anche a pranzo con il suo “buffet à volonté” da 12 euro, si è ritrovata improvvisamente piena di clienti forestieri che, con gli occhi luminosi di chi ha appena scoperto un tesoro ben nascosto, consultavano la carta con insolita solennità.
Mentre lo chef non-stellato Aymeric Dreux, 200 chilometri più a nord, rimuginava pensieroso su quale errore avesse fatto per non meritare quella doverosa stella; che poi in realtà è un macaron, come dicono i cugini d’oltralpe. Forse la moquette era di un colore troppo demodé? Oppure il flan di aragosta era stato servito qualche grado troppo caldo? E il cervello di vitello? Aveva cambiato macelleria nell’ultimo periodo, forse quella nuova aveva prodotti di qualità altalenante… chissà, forse, magari, purtroppo…
La guida Michelin ammette lo sbaglio
Scoprire che si era trattato solo di un errore di toponomastica, della sbadataggine di un redattore poco solerte, avrà generato reazioni molto diverse. Siamo sicuri che Veronique Jacquet, la proprietaria della brasserie, avrà riso di gusto scoprendo l’arcano di quell’improvviso successo. Mentre lo chef dell’altro Bouche à Oreille, finalmente stellato, magari avrà preso la vicenda come una interessante lezione impartita gratuitamente dal destino. Come a voler dire: sono davvero i capricci del caso a creare le fortune e le sfortune; una stella-macaron stampata a fianco del ristorante giusto o di quello sbagliato e due vite cambiano per sempre. E gli esseri umani privi di senso dell’ironia sono nudi.
Fonte: Agi.it