Il viaggio nella tradizione culinaria toscana non poteva che concludersi con un assaggio delle dolcezze della tradizione pasticcera senese. Tutta la regione, in realtà, è famosa per i suoi biscotti secchi, le torte e i dolci delle feste, in una varietà incredibile di proposte che cambiano a seconda della città di riferimento: dal “Buccellato” di Lucca alla “torta coi bischeri” di Pisa, dal castagnaccio diffuso in tutta la Toscana ai “befanini” di Viareggio, fino ad arrivare alla “schiacciata fiorentina”, giusto per citarne alcuni.
Siena è da sempre una terra di grandi fornai, pasticceri e panificatori e tanti sono i suoi dolci autoctoni, tra cui i Ricciarelli, il Panforte, i Cavallucci, il Panpepato e le Copate.
E, sebbene in un paio di casi la paternità di queste leccornie dolciarie sia contesa con altre città, è anche vero che a tutti è noto che molte delle ricette della pasticceria senese appartengono a un passato lontano, risalente in alcuni casi anche al 1200, come nel caso del panforte, tipico dolce natalizio e simbolo gastronomico della città.
Se i cantucci vantano una popolarità più spiccata, forse in pochi conoscono le copate, dolcetti secchi, formati da due cialde o ostie sovrapposte che custodiscono un ripieno di miele, zucchero e mandorle tostate.
L’origine di questo dolce è incerta, così come il suo nome. Il termine “copata”, infatti, deriverebbe dal latino “copatus” che significa “accoppiato”, proprio ad indicare l’impasto racchiuso tra le due ostie, ma è più probabile che l’etimologia provenga dall’arabo “qubbaita”, che vuol dire “dolce mandorlato”, il che riporterebbe ad una loro origine molto più antica.
Si tratterebbe, infatti, di un’origine araba, all’epoca dei primi saraceni, che nel 831 conquistarono Palermo, dove ancora oggi esiste un dolce affine chiamato la Cubbaita, una forma molto primordiale dell’attuale torrone.
C’è chi fa derivare la parola Copata o Cubaita dal termine “coppare”, che vuol dire ritagliare attraverso una coppa, a designare il gesto di ritagliare l’impasto con coppapasta rotondo.
Le copate nacquero ad opera delle monache di Montecelso. Furono loro, infatti, che avuta notizia che le suore del Convento di San Baronto a Lamporecchio, producevano ostie rese più morbide e gradevoli con l’aggiunta di miele, decisero di emularle, apportandovi una sostanziale modifica: le ostie vennero accoppiate e tenute unite proprio da un sottile strato di miele.
L’idea fu della Badessa della monache e all’inizio i dolcetti vennero chiamati “nebulae” e divennero i dolci delle feste.
Fu, poi, un monaco olivetano a mescolare insieme lo zucchero e il miele, gherigli di noce, o forse mandorle, tostati e triturati, a creare un nuovo e gustoso ripieno che, nel 1700 si arricchì anche di cacao, dando origine alle “copate nere”.
Tramandate dai conventi, le ricette di questi dischetti al miele e noci, nelle diverse versioni arrivate sino a noi, sono diventati un dolcissimo modo di ricordare la città di Siena, con tutte le sue storie, le leggende, le battaglie, gli intrighi e le sue bellezze…chiamatela pure “poesia da gustare”.