C’è chi ne è incuriosito, chi invece si trincera dietro un sia pur ragionevolissimo scetticismo, chi grida ad una trovata pubblicitaria bella e buona e chi invece lo assaggerebbe volentieri.
Fatto sta che la notizia dell’avvio delle esportazioni per il vino blu del Libano sta facendo il giro del mondo tra pareri contrastanti.
La cantina si chiama “Chateau Wadih” e si trova nella parte montana mediorientale del Libano, a 1300 metri sul livello del mare. Le 2000 piante che crescono nei suoi vigneti sono state portate proprio dall’Italia e sono della varietà Pinot Noir.
Il suo proprietario è Piter Abi Unes, unico ad aver lanciato una linea per la produzione di vino blu.
Non è uno scherzo. Pare infatti che nella buccia degli acini d’uva ci siano sostanze che conferiscono al vino 7 colori, tra cui il blu.
Si tratta di un vino da dessert secco, prodotto attualmente in una quantità di 10.000 bottiglie all’anno.
La cosa che stupisce è che che la vera professione di Piter Abi Unes è quella del chirurgo e, forse, proprio grazie alla sua formazione medica e alla conoscenza della chimica, che è riuscito a creare il vino blu.
L’idea del viticoltore libanese è stata presa dalla Spagna e maturata dopo anni di sperimentazioni. Oggi le sue coltivazioni sono monitorate ogni 3 mesi da un enologo che arriva dalla Francia, che fornisce consigli preziosi e supervisiona il lavoro e la produzione.
In attesa di vedere quest’estate sulle nostre tavole il vino blu, il pioniere libanese sta pensando alla birra analcolica derivata dalle mele, che potrà essere esportata nei paesi del Golfo Persico.
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