Serena Sparagna è una giovane di 31 anni originaria di Formia nel basso Lazio; ha lasciato la sua città a 19 anni per proseguire gli studi in lingue all’Università di Torino. Nonostante la giovane età, ha già vissuto e lavorato in numerose città: negli Stati Uniti, a Mosca, a Londra. Rientrata in Italia, ha iniziato un master in Critica Enogastronomica presso l’Italian Food Academy. Oggi è una food writer specializzata nel settore enogastronomico, collabora con numerosi progetti editoriali come le Guide dell’Espresso, Passione Gourmet e Passione Pasta e lavora come addetto stampa per Babol Communication di Treviglio Press e PR Media Relation. L’abbiamo incontrata per farci raccontare la sua storia di successo.
Serena, come è nata la tua passione per la scrittura e il cibo?
“Nonostante mia madre non fosse una cuoca di professione, mi ha sempre trasmesso una grande passione per il buon cibo. I miei nonni avevano un orto e un pollaio, e sono cresciuta con la consapevolezza che le cose buone richiedono dedizione e pazienza, un concetto applicabile anche alla tavola. Lavorando nell’alta hotellerie a Londra, ho avuto contatti diretti con ristoranti di alto livello culinario. Anche l’amore per la scrittura è merito di mia madre. Mi raccontava sempre molte storie prima di andare a letto, spesso inventate da lei, e scriveva racconti, portandomi sempre libri al ritorno dall’ufficio. Da lì è nata naturalmente la mia passione per la scrittura e la lettura, fino a decidere di unire queste passioni in una professione.”
C’è un aneddoto particolare legato a queste tue passioni?
“Non ho mai vinto un premio in vita mia, nemmeno un pesce rosso. Al liceo decisi di partecipare a un concorso letterario organizzato dal Preside. Non pensavo di vincere, quindi ho consegnato il mio scritto senza pensarci troppo. Una mattina, durante la ricreazione, sento il Preside parlare all’interfono, ma non ci faccio caso. Quel pomeriggio ricevo una chiamata dalla scuola: ‘Dove sei finita? Perché non sei sul palco?’ Io, sorpresa, chiedo: ‘Quale palco?’ e mi rispondono: ‘Quello della premiazione del concorso letterario che hai vinto.’ Avevano annunciato il mio nome, mi avevano cercato tra la folla, ma io non c’ero… Per una volta che avevo vinto!”
Serena, di cosa ti occupi attualmente?
“Lavoro come PR&Media Relation Account in una società di comunicazione per la sezione food&lifestyle. Sono editor e collaboratrice per le Guide dell’Espresso, redattrice e articolista per le testate Passione Gourmet e Passione Pasta.”
C’è un’intervista che ricordi in modo particolare?
“Quella ad Alessandro Roscioli. Mi ha colpito per la sua grande umiltà e la sua filosofia culinaria, fedele al territorio e molto autentica. È stata una conversazione professionale ma anche spassionata e colloquiale, come tra amici di lunga data.”
Quale chef ti piacerebbe intervistare?
“Mi piacerebbe intervistare Alex Atala. Abbiamo avuto una breve conversazione durante Identità Golose 2023 e ho ascoltato la sua Masterclass sulla cucina. La sua vita intensa e il contributo immenso che ha dato alla gastronomia brasiliana mi affascinano molto.”
Come dovrebbe essere, secondo te, un buon critico gastronomico?
“Un critico gastronomico ha una grande responsabilità: giudica lo studio, l’impegno e le fatiche non solo di uno chef, ma spesso di un’intera brigata. È necessario avere una cultura del cibo e del territorio da cui provengono le materie prime, oltre a un palato sviluppato solo attraverso l’assaggio.”
A chi ti ispiri nel tuo lavoro?
“Mi ispiro ad Alberto Cauzzi, l’attuale vicedirettore delle Guide. È stato un po’ il mio mentore all’inizio di questo percorso. I primi pezzi che ho scritto per l’Espresso li ha etichettati come ‘non ci siamo proprio, riscrivili daccapo.’ Ho dovuto ricominciare, studiare e mettermi in discussione nel modo più costruttivo possibile.”
Con l’avvento di ChatGPT, come pensi cambierà questo settore?
“Credo che ChatGPT sia uno strumento, e come tutti gli strumenti, dipende dall’uso che se ne fa. Io lo utilizzo come ‘enciclopedia rapida di idee’ quando manca l’ispirazione. Tuttavia, la scrittura deve avere un’anima, e questo un algoritmo non può ancora farlo. Parlare di cibo implica veicolare emozioni, non solo descrivere.”
Cosa pensi della formazione e del master in critica enogastronomica di IFA?
“Il master è stato un’occasione per mettermi alla prova e uno spartiacque tra quello che volevo fare ‘da grande’ e quello che faccio adesso. Sono stati dieci giorni intensi, in cui ho imparato molto e ho avuto accesso al mondo della scrittura enogastronomica.”
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
“Ho scritto un libro, che continuo a tenere nel cassetto. Prima o poi, magari, lo proporrò a un editore e incrociamo le dita…”